La strategia politica del Napoli nell’affare Osimhen

DiPietro caturano

5 Settembre 2024
OsimhenOsimhen (@Twitter)

Nella sessione di calciomercato che si è da poco conclusa sono successe diverse cose, molte delle quali davvero interessanti. Non ci riferiamo ovviamente a colpi particolari. A parte il passaggio di Mbappe al Real, di cui tra l’altro si sapeva già da tempo, non si sono verificati movimenti di nomi importanti.

Un mercato all’insegna del risparmio

E’ stato un calciomercato all’insegna degli acquisti funzionali. La verità, come ho accennato in un altro articolo, è che in questa estate sono mancati i soldi delle big della premier e di quelli delle squadre saudite. Una sessione low coast che ha costretto molti club, in particolare quelli italiani, a presentarsi ai nastri di partenza con rose incomplete o con acquisti a basso costo e spesso last minute. Questa scarsa presenza di liquidità sul mercato ha ovviamente avuto una importante ripercussione anche sull’affaire Osimhen, sul quale voglio concentrarmi all’interno di questo articolo.

Lo stallo alla messicana

Quello che è veramente accaduto tra la SSC Napoli, l’attaccante nigeriano e il suo agente e le società (poche, pochissime) interessate al suo cartellino, probabilmente non lo sapremo mai. Quello che qui mi interessa analizzare non è tanto il modo in cui queste tre parti siano arrivate ad un tipico stallo alla messicana, ma come il Napoli sia riuscito ad uscirne e con quale strategia.

Il rinnovo firmato qualche mese fa tra Osimhen e la società partenopea alla fine si è dimostrato essere un laccio per entrambe le parti. Le cifre della clausola e l’ingaggio dell’attaccante avrebbero tenuto lontani anche i migliori estimatori del calciatore africano. La speranza era comunque riposta nel PSG o in uno dei club di prima fascia della premier, quelli più ricchi e ambiziosi.

La pista francese

Qualche timido acquirente si è alla fine palesato, ma con offerte molto lontane dal soddisfare soprattutto il club partenopeo più che il calciatore. Lo stesso PSG che probabilmente aveva trovato un accordo di massima con Osimhen, si è mostrato invece un po’ micragnoso nei confronti del Napoli. Da una parte il club parigino con un’offerta soddisfacente ha provato a portare dalla sua parte il calciatore (probabilmente già dai primi mesi del 2024), dall’altra ha proposto al Napoli cifre molto lontane dai 130 milioni previsti per la clausola. Il rifiuto di ADL ha complicato i piani di Calenda e del suo assistito. Questo è stato il primo momento di rottura tra le parti. Si potrebbero spiegare anche in questo modo i comportamenti non proprio da professionista e i mal di pancia di Victor soprattutto nella parte finale di stagione.

La pista araba

Una situazione simile si è verificata anche nella trattativa con il club saudita. L’Al-Alhi ha fatto un’offerta faraonica a Victor, ma presentando al Napoli una proposta economica pari alla metà del valore della clausola. Ovviamente ADL ha risposto picche. Questo è stato il secondo momento di rottura tra le parti in causa.

L’opzione Chelsea

In mezzo c’è stato il Chelsea, la cui offerta non è stata gradita dall’attaccante, ma rispetto alla quale il Napoli si era mostrato più possibilista. Questa più o meno la cronaca di un affaire Osimhen, che ci dice semplicemente che per qualche motivo (ne immaginiamo giusto qualcuno) il calciatore nigeriano non avesse poi un grande appeal in Europa per cui valesse la pena spendere 130 milioni e offrirgli uno stipendio almeno pari ai 10 corrispostigli da Napoli.

La strategia di Calenda

Prima di cercare di capire come ADL sia riuscito a rompere lo stallo messicano, vorrei fare un veloce passaggio su Calenda. Molti commentatori stanno criticando il modo in cui ha gestito in questo mercato gli interessi del suo assistito. Io penso invece che Calenda abbia compreso presto l’errore di aver accettato il rinnovo con il Napoli a quelle condizioni e che si sia subito mosso per trovare un acquirente (il PSG) con il quale chiudere un accordo soddisfacente per sé e per Osimhen. Questo è stato, anche per ovvie ragioni, il suo primo obiettivo. E probabilmente è riuscito anche a raggiungerlo. Il club transalpino però non ha avuto mai intenzione di pareggiare la cifra dei famosi 130 milioni.

Quindi come convincere il Napoli?

Un errore di valutazione

Calenda avrà fatto un semplice ragionamento: il Napoli è una società che non può permettersi di pagare 10 milioni di stipendio per un suo tesserato, ha bisogno di liquidità per ricostruire buona parte della squadra, si è caricata dello stipendio importante di Conte. Pertanto, non farà troppe storie per accettare la cessione di Osimhen ad una cifra di molto inferiore a quella prevista dalla clausola. E’ questo il motivo per cui l’attaccante nigeriano ha poi comunicato al club partenopeo di non volere restare a Napoli (parole di Manna, Conte e ADL). Senza l’offerta reale del PSG, Victor non sarebbe mai stato in condizioni di fare questa comunicazione alla società partenopea. Il buon Calenda (qui forse il suo unico errore di valutazione) non ha però fatto i conti con il presidente del Napoli, che gli avrà risposto che senza i 130 milioni della clausola Victor non sarebbe mai stato lasciato andare e che non ci sarebbero stati problemi a continuare a corrispondergli i 10 milioni netti di stipendio.

Ecco lo stallo messicano.

L’uscita di scena del PSG

Il PSG si sarà a questo punto defilato, lasciando Calenda e il suo assistito con le pive nel sacco. Stesso scenario con qualche variazione anche nella trattativa con l’Al-Ahli. La reazione di Osimhen e il lavoro ai fianchi del suo agente non sono riusciti ad ammorbidire il Napoli. Quella di ADL è stata una prova di forza. Il compito di Calenda doveva essere di trovare un acquirente disposto a soddisfare la richiesta dei 130 milioni. La clausola, d’altra parte, era stata accettata a suo tempo sia da lui che dal suo assistito. In realtà, l’agente si è preoccupato solo di definire con l’acquirente le condizioni che garantissero ad Osimhen contratto e ingaggio desiderati.

La decisione di ADL

ADL su questo però è stato sempre chiaro. Nessuno è incedibile, qualora dovessero arrivare le proposte economiche decise dal club. Calenda ha fatto leva sua una debolezza economica (almeno da lui ritenuta tale) del club partenopeo, per riuscire a chiudere la contrattazione con il PSG. Il colpaccio, come dimostrato dai fatti, non gli è andato bene, né con gli arabi del club francese né successivamente con quelli del Al-Alhi.

Azzardo o rischio calcolato?

Come molti commentatori hanno forse giustamente fatto notare, la scelta del Napoli è stata rischiosa a livello economico. Condivido questa valutazione e l’ho anche scritto in un precedente articolo. Ma probabilmente l’impatto politico di questa presa di posizione di ADL avrà, in particolare sul medio e lungo termine, un valore importantissimo, perché dimostra come un club solido economicamente possa mettere in campo tutte le strategie lecite possibili per tutelare i propri interessi rispetto a quelli dei suoi tesserati.

Imporre un cambio di rotta

Come dimostra la storia del calciomercato degli ultimi decenni, in particolare nelle trattative più complesse e ricche, sono diverse le frecce all’arco degli agenti per costringere le società a piegarsi alle proprie condizioni. La particolare crisi economica di cui soffrono attualmente molti club rende ovviamente il lavoro degli agenti ancora più semplice, tanto che orami quasi sempre acquisti e cessioni avvengono nella maggior parte dei casi in base agli accordi e le modalità imposte dai calciatori e da chi li assiste.

Con l’affaire Osimhen ADL ha spezzato questa logica, decidendo, attraverso un sacrificio economico, di trasformare una contrattazione di mercato in una presa di posizione politica, rispetto alla quale sembra voler imporre una riflessione agli altri club e in generale al governo del calcio, con l’obiettivo di trovare il modo per arginare il potere degli agenti ed individuare una modalità equilibrata nella gestione dei contratti e della compravendita tra le varie parti in causa.

Il colpo finale di ADL

Per rompere lo stallo alla messicana ed uscirne definitivamente vincitore, ad ADL non è bastato solo dare il suo no alla cessione di Victor alle condizione sopra indicate. Ha fatto molto di più, rompendo gli schemi e mostrando la solidità del club. Difatti, il presidente, pur senza i soldi della clausola di Osimhen, ha dato mandato a Manna di chiudere in veloce successione gli acquisti di Lukaku, McTominay e, infine, di Gilmour, mandando in crisi tutti gli addetti ai lavori o presunti tali, che avevano previsto un mercato del Napoli bloccato dalla questione relativa all’attaccante nigeriano.

A quel punto il banco è saltato e tutti, ad eccezioni di ADL, hanno dovuto deporre le armi.

In poche parole, la SSC Napoli ha avuto chiaro che doveva spingersi oltre per rafforzare la sua posizione “politica”. Era necessario dar seguito alla decisione di non vendere Osimhen, completando gli acquisti richiesti dal nuovo allenatore. Game, set, partita!

La risposta politica al PSG

L’altro segnale politico ADL lo ha inviato a tutte quelle società, di solito quelle più ricche e potenti, che hanno il brutto vizio di contattare calciatori sotto contratto con altri club, senza informare questi ultimi. Il PSG non è nuovo a questo approccio per nulla limpido e già in altre occasioni ha provato ad avvicinare tesserati del Napoli bypassando la società di appartenenza. Il tentativo l’avrà fatto anche questa volta, ma non gli ha detto bene.

Il colpo di teatro

Il colpo di teatro si è realizzato alla fine con il palesarsi dell’opportunità Galatasaray. ADL ha colto in questo modo la possibilità di veder ripagata la sua strategia, in primis perchè per la stagione in corso saranno i turchi a pagare il lauto stipendio di Osimhen e, in seconda battuta, perché al riaprirsi della prossima sessione di mercato in fase di nuova contrattazione per la cessione dell’attaccante nigeriano il Napoli potrà agire da una posizione di forza sia rispetto a Calenda che rispetto all’eventuale acquirente. Il prolungamento del contratto di Victor rafforza ulteriormente ADL, che potrà avere più armi in mano per far valere le proprie condizioni.

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