Luciano Spalletti non è tipo da lasciare che le cose gli scivolino addosso. E neanche questa volta ha fatto eccezione. All’indomani del suo esonero da commissario tecnico della Nazionale, ha scelto di aprirsi in una lunga intervista a Rai Sport, parlando con cuore, lucidità e un filo di amarezza: “Quando ti succede una cosa così non si dorme. Le vittorie mi consumano più delle sconfitte. Figuriamoci questa nottata”.
Le parole arrivano nel giorno della sfida amichevole contro la Moldova, una partita ormai priva di significato sportivo ma carica di simboli e rammarichi. La Nazionale è ancora in corsa per il Mondiale, ma la fiducia in Spalletti si è sgretolata sotto il peso degli ultimi risultati.
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Spalletti: “Gli errori li ho fatti, ma ho creduto in questo gruppo”
Spalletti non si nasconde dietro le circostanze, ma le racconta. Con sincerità. “Sì, ho fatto delle scelte sbagliate, ma non perché non credessi nei calciatori. Ci sono stati infortuni, indisponibilità, situazioni difficili. Siamo andati a Oslo contro una Norvegia già rodata, in condizioni pessime. Ma ho creduto in loro, e ci credo ancora“.
L’ex tecnico del Napoli respinge l’idea di aver lasciato da solo i suoi uomini: “I ragazzi si sono sempre presi le loro responsabilità. Se sono andato da solo in conferenza, è perché volevo evitare due giorni di bugie. Non si può chiedere a un allenatore di rimanere in silenzio, di far finta di niente. È una questione di rispetto verso gli italiani”.
Dimissioni o esonero?
Uno dei passaggi più forti dell’intervista riguarda il momento dell’addio: “Non ho dato le dimissioni, ma quando una persona come Gravina – che stimo profondamente – mi dice che ha dei dubbi, io firmo. Per rispetto, non per soldi. Con la Nazionale si fa così. Se me ne vado, lascio anche quello”.
Spalletti tiene a ribadire che la sua scelta è stata guidata da valori umani più che da logiche professionali. “Chi viene dopo di me troverà un gruppo forte, perché io continuo a credere che questa squadra possa andare al Mondiale. E farò il tifo per lui, chiunque sia”.
Spalletti tra l’ombra del fallimento e la forza della memoria
Nonostante il fallimento, Spalletti non rinnega nulla della sua carriera: “Mi hanno dipinto come uno che fa casino. Ma io faccio casino solo quando nessuno difende le cose vere. Sono stato apprezzato ovunque: a Roma, in Russia, a Udine. Sono tornato più volte dove ero stato esonerato. Perché difendo sempre la causa. Sempre”.
Il peso dell’ultima esperienza in azzurro resta addosso, ma non cancella la fiducia nei suoi principi. “È un fallimento, certo. Ma sono due partite, non è lo storico a condannarmi. E non è una partita che cambia il mio modo di essere. Io ho dato tutto”.
Il futuro: “Non lo so. Ma tiferò Italia”
Alla domanda su cosa farà adesso, Spalletti risponde con la consueta onestà: “Non lo so. Le cose le lavoro a modo mio, ho bisogno di tempo. Ma una cosa è certa: farò il tifo per chi verrà dopo di me. L’Italia deve andare al Mondiale. E può farlo”.
E su Claudio Ranieri, possibile successore, non ha dubbi: “È un uomo equilibrato, uno che sa dove mettere le mani. Se sarà lui, avrà tutto il mio sostegno. Io non sono uno che spera che chi viene dopo fallisca. Io tifo Italia. Sempre”.
Spalletti, il tecnico che resta uomo
L’intervista di Spalletti non è un commiato freddo. È una lettera d’amore alla Nazionale, ai suoi calciatori, al suo mestiere. È il racconto di un uomo che non sa fingere, che si prende colpe e responsabilità senza sottrarsi alla realtà. Ma che rivendica anche il diritto alla verità, all’amicizia, alla trasparenza.
Luciano Spalletti se ne va. Ma lo fa da uomo. E resta, nella memoria, come il tecnico che non ha mai smesso di credere nel suo gruppo. Anche quando tutto sembrava perduto.
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