DIARIO AZZURRO di Silvia De Martino, pagina tre: Napoli-Parma, all’ultimo respiro

DiSilvia De Martino

3 Settembre 2024
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Caro Diario Azzurro,

che tensione, che sofferenza e che gioia poi. Un saliscendi di emozioni racchiuse in una partita interminabile tra le mura dell’impianto di Fuorigrotta. Chiudo gli occhi e provo ad immedesimarmi in qualsiasi tifoso del Napoli, presente allo Stadio o seduto a casa sul divano, per riportare su questo foglio le emozioni sportive dandogli forma di parole.

È facile ricadere nei soliti errori, lo capisco, soprattutto quando i parziali ti supportano in determinati ragionamenti. È facile improvvisarsi esperti, quando le cose non vanno per il verso giusto. Ma il bello dello sport, sai – di qualsiasi sport – è che fino a quando l’arbitro non fischia il gioco è ancora aperto. C’è ancora il tempo di mescolare le carte. C’è ancora il modo di portare a termine un’azione e trasformarla in vantaggio. Fino all’ultimo secondo, fino all’ultimo respiro.

Napoli, una reazione da “famiglia”

È questo caro Diario che mi ha sorpreso di più. Avevamo quasi dimenticato cosa significa riportarsi in pianura e poi magari anche in discesa, quando dal basso si guarda una ripida salita. Quando il cronometro gira e il tempo si riduce ed insieme ad esso le possibilità di arrivare in cima alla strada. Sì, l’avevamo quasi dimenticato. Eppure, qualcosa dev’essere cambiato, perché non si è mai smesso di crederci.

Tutti lo sapevano, tutti ci credevano. La squadra in campo, lo staff in panchina, i tifosi sugli spalti. Tutti con la medesima consapevolezza di poter scrivere un finale diverso per quella storia di oltre 100 minuti. D’altronde me lo insegni tu che un capitolo non è mai finito fino a quando non si decide di mettere un punto definitivo. Che se c’è spazio bianco, si è ancora in tempo per aggiungere parole. Per approfondire, per proseguire, per emozionare con una narrazione differente.

È questa la cosa migliore che voglio registrare in questa terza pagina. La reazione, il gruppo, la voglia, l’unione. Quella che qualcuno, mai banale nella scelta delle parole, ha definito “famiglia”. Quella famiglia che nell’unione di intenti ha sposato una stessa causa e ha lottato per un singolo obiettivo. Famiglia, concetto non da poco.

L’uomo giusto al momento giusto

E poi l’hai visto, caro Diario? Chi in pochi giorni ha già compreso la sua missione e ha deciso di caricarsela sulle spalle. Pochi giorni effettivi forse, ma troppi di più per prepararsi all’idea. Chi è arrivato per riempire un vuoto, non solo di campo, lasciato libero per logiche calcistiche che difficilmente sposeranno mai la mia idea di sport. Ma ahimè le pagine si voltano con il susseguirsi degli eventi: un diario fissa su carta i momenti del quotidiano e di conseguenza qui non c’è spazio per pensare al passato.

Il futuro porta il nome di Romelu Lukaku, che dal suo ingresso in campo incita, sostiene, si propone, coinvolge e non per ultimo segna, riportando il risultato sul pari. Suo è lo spunto per puntare ai tre punti nelle battute finali di un lunghissimo match. Sua è l’esultanza dritta verso l’obiettivo, richiamando il ruggito del Maradona. Sue possono essere le future pagine di questo racconto.  

Sosta, ma non per tutti

E penso che lui lo sappia, caro Diario. Sa di poter avere un ruolo da protagonista in questa storia e sa di poterlo fare sotto la guida del suo più grande maestro. Per questo lavora e vuole migliorarsi. Per questo resta qui, a Castel Volturno, per recuperare il tempo perso e ripartire da Cagliari al meglio delle aspettative.

C’è da lavorare, non lo nascondo. C’è ancora qualche spazio di troppo da dover comprimere. Ma c’era bisogno anche di arrivare a quindici giorni di pausa con tre punti in più, dando il segnale di saper ancora lottare.

Fino all’ultimo respiro. Un ultimo respiro da boccata d’aria. A presto.

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