Caro Diario Azzurro,
quanto tempo ci è voluto per tornare a sentire quel ruggito. Per quanto tempo l’impianto di Fuorigrotta ha atteso quel momento lì. Il momento di tirare un sospiro di sollievo e lasciarsi andare ai festeggiamenti, alla gioia dell’esultanza, agli abbracci condivisi e alla sensazione che tutto possa andare finalmente meglio. 174 giorni erano passati da quel 3 marzo contro la Juventus. 174 giorni di pareggi e soprattutto sconfitte.
Ma poi uno spiraglio. Ci ha pensato capitan Di Lorenzo, che con poesia si riconcilia al popolo partenopeo. È suo il primo gol dell’era Conte, è suo il primo gol che fa tornare a sorridere i tifosi. E sue sono le lacrime, quelle lacrime sincere, di un amore che si ferma, si guarda intorno, si pone domande, ma poi ritrova la sua strada, quella del cuore.
È romantico, caro Diario, quel romanticismo che troppo spesso si discosta dal calcio moderno, ma che trova sempre, anche nelle piccole cose, il modo di bussare alle nostre porte. D’altronde, cosa sarebbe lo sport senza emozione? Troppo spesso me lo sono chiesta…
E identità fu
Ma non è questa la sede giusta per proseguire su questo ragionamento. Torniamo alle emozioni, piuttosto. Ho voltato pagina rispetto alla scorsa settimana, ma con il medesimo principio. Come ti avevo già detto, ripongo la mia fiducia nelle tue pagine bianche, nel percorso e nella strada che abbiamo da tracciare insieme. Ho voltato pagina e già posso dire di aver visto qualcosa prender forma. È ancora presto per scendere in analisi ed osservazioni assolute, sia chiaro, ma il bagliore di un qualcosa che per troppo tempo si era perso è tornato soffusamente a prender luce.
All’improvviso, è apparsa un’idea. È apparsa l’organizzazione. Ad un tratto gli uomini in campo sapevano quel che dovevano fare, seppur con concetti ancora da perfezionare. E con i movimenti giusti e la consapevolezza, è cambiata anche la testa. Che strano l’animo umano talvolta. Basta quel poco per far scattare la scintilla. Quel poco che oggi si chiama Antonio Conte. E che forse poi così poco non è.
La fantasia dietro la punta
E poi di lui ne vogliamo parlare, caro Diario? Il guizzo, il genio, l’estro nei piedi. Il tutto sintetizzato nell’essenza di un calciatore, che ha deciso di caricarsi sulle spalle il peso di una squadra e di accettare la leadership dell’attacco azzurro. Khvicha Kvarastkhelia con l’addio di Victor Osimhen – presupposto simpatico, effettivamente – è l’uomo in cui tutti i tifosi azzurri ripongono le loro speranze realizzative.
Ma sai cosa ho notato? (Io e potenzialmente tutti coloro che erano davanti al televisore e allo Stadio dall’87’ in poi). Che potrebbe non essere solo. La solitudine, lo sappiamo, è cosa assai triste. Ma Khvicha nella sua fantasia potrebbe aver trovato un valido compagno. Un compagno che potrebbe far divertire tanto la squadra e i tifosi. Chissà, d’altronde un brasiliano a Napoli in tempi passati ha già portato un’aria MAGICA.
Il futuro è avanti
Mi sono ormai rimaste poche righe su questa seconda pagina e dunque brevemente mi soffermo su questo tema. A pochi giorni dalla chiusura del mercato, un qualcosa di insolito ha preso forma. Un Napoli pronto a rischiare per portare a casa i profili desiderati. Un Napoli di colpi, di grandi imprese in forma calciomercato. Un Napoli “spendaccione”, che porta a casa la rosa di cui aveva bisogno. Il futuro è avanti, è tempo di alzare la testa.
Ed ora posso dirlo, caro Diario Azzurro: Maradona, te lo meritavi.
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