La Secessione dell’Aventino rappresentò un momento spartiacque nella vita politica e sociale dell’antica Roma, tanto importante da divenire nel tempo un modo di dire che ha assunto significati figurati non solo nella lingua comune (rimanda in sostanza a qualsiasi forma di protesta che preveda un allontanamento volontario da un contesto di appartenenza).
Il fatto storico dietro questo evento risale al V secolo a.c., quando per la prima volta nella storia la plebe romana abbandonò tutte le attività in cui era occupata (artigianato, commercio, difesa della città, etc.) e si ritirò sull’Aventino, uno dei colli della città eterna. L’atto così estremo e unico nel suo genere volle essere una protesta dei plebei contro i soprusi dei patrizi. L’azione di rivolta colse di sorpresa ovviamente i nobili, lasciati da soli a dover gestire tutte le incombenze di cui una città complessa e articolata come Roma aveva necessità.
La situazione non era affatto sostenibile. Ci si rese subito conto che non si poteva fare a meno delle classi popolari senza correre il serio rischio di determinare una crisi irreversibile dell’Repubblica Romana.
Pertanto, nel tentativo di venire incontro alle richieste del popolo, fu deliberata la creazione dei Tribuni della plebe, due figure politiche elette dalla plebe, che avrebbero affiancato i Consoli nell’amministrazione della giustizia romana.
L’intervento di De Laurentiis al Senato
Proprio questo evento mi è tornato alla mente, mentre Aurelio De Laurentiis faceva il suo intervento qualche giorno fa in senato.
Le parole del presidente come spesso accade portano con sé concetti interessanti. E’ accaduto anche questa volta ovviamente. Ci sono aspetti del suo discorso, in particolare quelli relativi alla questione agenti dei calciatori, che condividiamo in pieno e altri invece, quelli che fanno riferimento alla ponderazione del voto in lega calcio, che ci trovano in disaccordo.
Vorrei soffermarmi proprio su questo ultimo punto, riportandolo concettualmente all’evento della secessione dell’Aventino descritta poco sopra.
La secessione sull’Aventino del calcio
Secondo De Laurentiis il peso economico e commerciale del calcio italiano si reggerebbe quasi esclusivamente sulle sei o sette grandi squadre(Inter, Milan, Juventus, Napoli, Roma, Lazio e probabilmente Fiorentina). In sintesi, questi club per bacino d’utenza e per capacità finanziarie rappresenterebbero il vero motore della Serie A. Il resto, citando ADL, è fuffa. Questo potere così evidente, pertanto, dovrebbe essere riconosciuto e ratificato, consegnando ai suddetti club una capacità decisionale superiore alle altre società.
L’ipotesi da cui parte questa teoria si fonda sul postulato che il calcio moderno sia soprattutto impresa, con finalità sempre più economiche e commerciali e sempre meno sportive. In parte questo è vero, ma senza la centralità dell’evento calcistico, dell’agonismo e della competizione la parte di business viene meno. E per fa si che l’evento sportivo resti centrale, alimentandone l’imprenditoria che sta dietro, è fondamentale che insieme alle sei grandi società esistano e prosperino i club della plebe. Se, difatti, queste ultime dovessero decidersi per una secessione sull’Aventino del pallone, il calcio italiano (e non solo) crollerebbe come un castello di carta.
Il valore aggiunto dei piccoli club
E’ corretto, come dice De Laurentiis, che le piccole squadre non possono spendere cifre importanti nei due mercati annuali, ma è pur vero che il loro contributo si struttura in base ad altri tipi di valore. Prima di tutto, e come già accennato qualche riga sopra, partecipano al campionato italiano rendendolo una competizione comunque avvincente. Il bel campionato del Bologna e la vittoria in Europa dell’Atalanta, confermano e ribadiscono questo concetto. Inoltre, proprio per sopperire alle ridotte capacità finanziarie, investono tantissimo nei loro settori giovanili o nello scouting, formando nuove generazioni di calciatori dalle quali spesso le big italiane pescano a piene mani.
Quanti sono gli esempi di giovani atleti prima cresciuti dai piccoli club italiani (o da questi pescati in campionati di secondo e terzo piano), poi lanciati in serie A ed, infine, acquistati da una delle grandi del nostro calcio che, dopo due o tre anni di valorizzazione, può tranquillamente cederli a club esteri con plus valenze consistenti?
L’altro importante contributo dato dalle squadre di seconda fascia è quella di saper ridare valore a giocatori ricevuti in prestito da qualche grande squadra, a causa o di un sovraffollamento della rosa o ad un acquisto non proprio azzeccato. In molti casi questi calciatori rientrano alla casa madre rivalutati da una buona annata con un impatto economico positivo.
A mio avviso, quindi, la ponderazione del voto non è auspicabile e avrebbe poco senso anche alla luce di quanto descritto fino ad ora. Ed aggiungo, se la ponderazione del voto in base a bacino di utenza e capacità economica dovesse essere presa in considerazione anche a livello di UEFA, a quel punto cosa ne penserebbe il nostro presidente?
L’ingerenza dei procuratori nella gestione dei club di calcio
Un passaggio vorrei farlo sulla parte del discorso di De Laurentiis relativa alla questione agenti. Su questo punto mi trovo pienamente d’accordo con quanto da lui esposto. Le società di calcio devono avere un margine più ampio di gestione del cartellino del proprio tesserato. L’ingerenza dei procuratori sta limitando le capacità di pianificazione dei club con conseguenze importanti in senso negativo sia sulla parte economico-commerciale che su quella sportiva. Poi c’è l’enorme esborso a cui i club sono costretti verso i procuratori in fase di stipula dei contratti. Le cifre riportate dal presidente durante la seduta al senato sono impressionanti. Le società calcistiche oggi hanno strutture dirigenziali in grado di svolgere tranquillamente il ruolo in gran parte ricoperto dagli agenti.
La richiesta del presidente di riformare questa situazione e di legiferare in merito è a nostro avviso pertinente oltre che necessaria. Su questo è auspicabile che le istituzioni politiche sappiano modulare una proposta e finalizzare un intervento decisivo.